di Marta Cristofanini
La disabilità visiva è una condizione molto diffusa e, secondo le recenti stime dell’OMS, è destinata a crescere sempre di più, sia sul territorio nazionale sia su quello internazionale. Con disabilità visiva viene identificata una limitazione e/o menomazione sensoriale che influenza in senso peggiorativo il pieno svolgimento della propria vita lavorativa e sociale.
È possibile differenziare tra due condizioni principali di disabilità visiva: la cecità e l’ipovisione.
Parametri per la classificazione di cecità e ipovisione
Secondo quanto ridefinito dalla legge n.138 del 3 aprile 2001, per la valutazione di questa disabilità vengono considerati due parametri. Il primo, già utilizzato in precedenza, è il parametro dell’acuità visiva, ovvero la nitidezza della visione calcolata su una base di 10/10; il secondo è il campo visivo (questo introdotto con la legge sopra citata) che comprende nella valutazione l’ampiezza dell’area di visione, calcolata in percentuale. In questo modo, anche i danneggiamenti dell’area periferica sono presi in considerazione per la suddivisione nelle diverse categorie.
Si possono individuare quindi cinque categorie di disabilità visiva, qui elencate in ordine di gravità crescente:
Ipovisione lieve;
Ipovisione medio-grave;
Ipovisione grave;
Cecità parziale;
Cecità totale.
Grazie alle modifiche apportate dalla legge n.138, rientrano nella condizione di ipovedenti anche le persone colpite da retinite pigmentosa e glaucoma, potendo accedere così a tutte le tutele del caso.
La disabilità visiva in numeri
Secondo gli ultimi dati raccolti dall’OMS (i più recenti sono datati 2019), nel mondo ci sono 253 milioni di persone considerate disabili visive, di cui 36 milioni non vedenti e 217 milioni ipovedenti. In Italia parliamo di 1,5 milioni di soggetti ipovedenti e di 220000 ciechi.
L’81% delle persone colpite dalla disabilità sono over 50. Un dato interessante è che in circa 8 casi su 10, le condizioni di ipovisione sono considerate trattabili se non addirittura evitabili. Gli interventi medici e specialistici possono essere di natura terapeutica e di profilassi, senza dimenticare i protocolli di riabilitazione, fondamentali per il recupero e il benessere dei soggetti fragili.
Numeri in crescita
I numeri relativi alle persone ipovedenti nel mondo e in Italia sono in aumento già dagli anni 60, con tuttora prospettive vertiginose di crescita.
Il motivo risiede, in realtà, in un fattore positivo: essendo un fenomeno che coinvolge la fascia più anziana della popolazione, e dal momento che l’aspettativa di vita è incredibilmente aumentata dal secondo dopoguerra, gli anziani interessati da questa condizione di disabilità sono numericamente molti più di prima.
Tra i 65 e i 90 anni d’età, la cecità aumenta tra i soggetti di venti volte; più nello specifico, in alcuni studi è stato provato che tra i 65 e i 74 anni d’età viene registrata una condizione di cecità allo 0,4-0,8%, mentre dopo i 75 anni la percentuale sale fino al raggiungere il 2,3%.
Prevenire, riabilitare, abilitare
In generale, la disabilità visiva è una condizione che può essere gestita, attraverso misure preventive come diagnosi precoci e tempestive, e l’applicazione di protocolli oltre che clinici anche riabilitativi.
L’obiettivo primario è abilitare i soggetti fragili in modo che possano vivere una vita di dignitosa autonomia, dal punto di vista sociale, lavorativo e relazionale, impiegando quanti più mezzi sicuri a disposizione, tra cui anche le soluzioni di assistenza tecnologica e digitale.